Cessione del credito 2023 modifiche novità
Quali sono le difficoltà per chi vuole sfruttare questa opzione
Innanzitutto, è bene ricordare che nel tempo la normativa che ha accompagnato la cessione del credito è cambiata molto, subendo continue modifiche e rendendo di fatto più difficile perseguire questa opzione. Tanto che ad oggi si tratta di una strada quasi impraticabile. Il che pone un grande punto interrogativo sulla possibilità di usufruire delle agevolazioni edilizie, a partire dal superbonus portato ora al 90 per cento. Ma del resto, lo scorso novembre, commentando la cessione dei crediti fiscali e lo stallo dovuto al blocco da parte degli istituti di credito, il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha affermato: “I cassetti fiscali sono pieni e rispetto allo stock esistente stiamo cercando una via d’uscita. Ma ribadisco che la cessione è una possibilità, non un diritto”.
Vediamo quanto spiegato da Mandolesi, partendo dagli interventi che ci sono stati nel tempo da parte del legislatore fino ad arrivare alle più recenti novità.
Gli interventi del legislatore sulla cessione del credito
Nel trattare il tema della cessione del credito, Mandolesi ha sottolineato: “Per quanto riguarda il numero di cessioni, abbiamo visto la disciplina evolversi. Si è partiti da una fortissima limitazione del numero di cessioni post anti-frodi e post prima previsione del decreto Sostegni ter (decreto legge n. 4 del 2022), poi il legislatore ha strutturato un impianto che con il passare del tempo ci siamo abituati a gestire, quello con una cessione libera e due soggetti vigilati, un impianto che è durato e che ha anche leggerissimamente funzionato. Insieme a questo impianto, con un numero di tre cessioni, c’era anche la cessione jolly consentita a coloro che inviavano la comunicazione di cessione del credito entro il 16 febbraio 2022, quindi un impianto sostanzialmente a tre cessioni con una cessione ulteriore.
Successivamente, con il combinato disposto dai decreti Aiuti, sia il primo decreto Aiuti (decreto-legge n. 50 del 2022) che il decreto Aiuti bis (decreto-legge n. 115 del 2022), il legislatore ha tentato a mano a mano di risolvere il principale problema del blocco dei crediti, ovvero l’esaurimento della tax capacity delle banche. La soluzione trovata è stata quella di far fuoriuscire il credito dal circuito bancario con una quarta cessione, che in prima battuta era prevista in maniera residuale nei confronti dei correntisti privati, poi con il decreto Aiuti bis si è trasformata in una quarta cessione bonus. Quindi è sostanzialmente aumentata una cessione. Poi l’ultima modifica con il decreto Aiuti quater (decreto-legge n. 176 2022), che ha previsto l’ulteriore cessione consentita ai soggetti qualificati”.
Cessione del credito, la remissione in bonis
Con la circolare 33, l’Agenzia delle Entrate, in merito all’opzione di cessione dei crediti, ha consentito ai contribuenti l’utilizzo della remissione in bonis. Come spiegato da Mandolesi, “i contribuenti hanno la scadenza ordinaria prevista a marzo di ogni anno e riferita alle spese dell’anno precedente, chi ha un comportamento concludente, ovvero va a formalizzare ‘civilisticamente’ le cessioni con i vari accordi, ma di fatto non invia unicamente l’adempimento fiscale che poi va a formalizzare fiscalmente quella cessione, può farlo entro il 30 novembre di ogni anno pagando una sanzione ridotta di 250 euro”.
Cessione del credito 2023, le ultime notizie
In tema di cessione del credito, dunque, qual è la situazione che ci si trova a fronteggiare nel 2023? In tal senso, Mandolesi ha spiegato: “L’impianto che andremo a gestire nel 2023 prevede sostanzialmente il residuale della cessione jolly, una cessione effettuabile verso terzi, tre cessioni ai soggetti qualificati e una cessione verso i correntisti. La logica del legislatore è quella di tenere una cessione libera che poi viene veicolata principalmente sempre all’interno del circuito bancario, sto parlando della prima, ma in realtà è anche strutturata per tutta un’altra serie di cessioni, le cessioni fra familiari, le cessioni a società di persone fisiche che hanno i lavori, le cessioni verso un mercato che non è quello bancario, che comunque sia è stato sollecitato da queste cose. Tolto questo abbiamo poi tre cessioni per permettere la circolazione dei crediti all’interno del circuito qualificato e poi l’ultima per liberare la tax capacity, quindi ai correntisti”.
“Nel 2023 – ha precisato Mandolesi – ci troveremo ad affrontare la situazione relativa alle modifiche e al numero di cessioni, ma poi c’è una problematica ancora maggiore, che è quella che ha congelato il mercato e che interessa la seconda parte dell’articolo 121, i commi 4,5,6, sui profili di responsabilità”.
La cessione del credito e la questione relativa ai profili di responsabilità
Affrontando il tema relativo ai profili di responsabilità, Mandolesi ha spiegato: “Prima delle modifiche arrivate con il decreto Aiuti bis, l’articolo previgente 121 diceva che il cessionario, quindi colui che andava ad acquisire i crediti, era chiamato alla responsabilità solamente in caso di erronea fruizione del credito, quindi se utilizzava il credito in maniera errata o superiore a quella che gli era stata trasferita, o se aveva un concorso nella violazione e la detrazione si era poi rivelata inesistente. Si trattava quindi di profili di violazione estremamente marcati. Ma con la circolare 23 l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che i profili di responsabilità scattano come è stato stabilito dalla normativa (commi 4,5,6), affermando però che il cessionario deve stare particolarmente attento, in quanto se non è stato diligente nei controlli, se non ha effettuato controlli specifici, può essere richiamato alla responsabilità in solido con il cedente nel caso il credito, poi la detrazione, si riveli inesistente. Come misurare la diligenza specifica lo indica l’Agenzia delle Entrate stessa, ossia sulla base di sei indicatori: i riscontri documentali, la valutazione della congruità importo lavori rispetto al profilo reddituale o patrimoniale o del beneficiario o del cedente, la mancata effettuazione dei lavori, le anomale condizioni economiche della cessione, la coerenza fra valore dell’immobile e il valore dei lavori effettuati. Parametri che molto spesso si rivelavano inapplicabili”.
Cosa è poi accaduto? “Con il decreto Aiuti bis – ha spiegato Mandolesi – il legislatore ha inserito al comma 6, quello che andava a disciplinare il concorso nelle violazioni, il fatto che il concorso nella violazione scatta solo nei casi di dolo o colpa grave del cessionario”. A tal proposito, Mandolesi ha affermato: “Se noi andiamo a vedere il concetto di colpa grave, di fatto, si tratta di condotte omissive o negligenza nei comportamenti che poi danno conseguenza nella frode. Con questa disposizione, il cessionario diventa obbligato a fare i controlli”.
Successivamente è arrivata la circolare 33 dell’Agenzia delle Entrate, “con la quale i profili di congruità vengono alleggeriti e tutto si va sostanzialmente a ricondurre a un controllo documentale. A fine ottobre è poi arrivata una serie di sentenze della Cassazione che sono andate a disgregare il concetto di diligenza e buona fede. Si è parlato di sequestro preventivo e la Cassazione ha affermato che, essendo la detrazione collegata a interventi inesistenti al credito generato, è legittimo il sequestro preventivo del credito nei confronti anche del cessionario in buona fede. Tolto il fatto che c’è stata una diatriba tecnico-fiscale sul fatto che la detrazione non è il credito, la detrazione e il credito di fatto sono due cose sostanzialmente diverse. Si tratta di due cose che ovviamente sono collegate, una nasce dall’altra, ma c’è una trasformazione della detrazione che diventa una cosa di natura completamente diversa”.
In questo quadro si inserisce il tema dell’indebita compensazione fiscale, che si verifica quando vengono messi in compensazione crediti inesistenti o non spettanti. E attenzione, perché “se sono stati compensati quei crediti in misura superiore a 50.000 euro scatta il penale e la reclusione fino a sei anni”. E questo, come spiegato da Mandolesi, “è un altro profilo che ha terrorizzato il mercato e che di fatto rappresenta una delle cause ostative alla ripresa della cessione dei crediti”.
Attestazione Soa per il superbonus
In conclusione, Mandolesi ha parlato dell’attestazione Soa e ha spiegato: “Insieme a tutte queste novità, c’è un altro obbligo normativo: l’attestazione Soa introdotta con il decreto Ucraina. Si tratta della certificazione delle gare d’appalto rilasciata poi dalle società vigilate Anac che dal primo gennaio di quest’anno è obbligatoria per gli affidamenti superiori a 516.000 euro. Le imprese che vogliono questi affidamenti devono dimostrare di avere o la certificazione o di aver avviato l’iter di richiesta della certificazione, dal primo luglio 2023 dovranno invece possedere la certificazione, altrimenti si è fuori direttamente dagli affidamenti superiori a 516.000 euro”.